giovedì 21 aprile 2016

Rosa le bambine e azzurro i maschietti

Di questi due colori abbiamo già parlato qui:http://ilclandimariapia.blogspot.it/2012/10/la-vie-en-rose.html  e qui
ma ho tante belle immagini da condividere e poi ho trovato un articolo interessante, qui:http://www.ilpost.it/2013/11/19/breve-storia-del-colore-rosa/, che voglio riassumervi. E allora: ripetiamoci!! Rosa e Azzurro.



Quello dei colori attribuiti in modo automatico a bambini e bambine è uno degli stereotipi più radicati e scontati legati alla differenza di genere, e questo stereotipo ha una storia e un’evoluzione. 
 L' associazione tra il rosa e il femminino avviene solo in tempi relativamente recenti e per una scelta arbitraria. Per secoli, infatti, il colore rosa rimase asessuato. 
Nel Diciottesimo secolo era perfettamente normale per un uomo indossare un abito di seta rosa con ricami floreali. I bambini e le bambine fino ai 6 anni, inoltre, erano vestiti e vestite con abiti lunghi di colore bianco senza sostanziali differenze tra maschi e femmine, se non qualche piccolo particolare come per esempio la posizione dei bottoni. La scelta del bianco era soprattutto di natura pratica: gli abiti bianchi e i pannolini bianchi di stoffa erano infatti più semplici da lavare e candeggiare. Più che basata sul sesso, la distinzione degli indumenti avveniva per età: differenziava semplicemente i più piccoli dai più grandi.
Il rosa e il blu, insieme ad altri colori pastello, furono introdotti nell’abbigliamento per bambini nella metà del Diciannovesimo secolo, ma non implicavano alcun significato di genere.
 Uno dei primi riferimenti all’attibuzione dei colori al sesso si trova in “Piccole Donne” di Louisa May Alcott, dove un nastro rosa è usato per identificare la femmina e uno azzurro il maschio. (Quando Jo presenta a Laurie i gemelli di Meg) L’usanza però viene definita dalla stessa Alcott come “moda francese”, come a dire che non era ancora una regola riconosciuta ovunque, ma anzi, era un specie di vezzo “esotico”.
 Nel 1918, Earnshaw’s Infants’ Department, rivista specializzata in vestiti per bambini, specificava  che «la regola comunemente accettata è che il rosa sia per i bambini, il blu per le bambine. Questo perché il rosa è un colore più forte e deciso, più adatto ad un maschio, mentre il blu, che è più delicato e grazioso, è più adatto alle femmine». Il rosa veniva visto più vicino al rosso (colore forte e virile legato agli eroi e ai combattimenti) mentre il blu veniva associato al colore del velo con cui veniva rappresentata la Vergine Maria
Tra gli anni Trenta e Quaranta le cose iniziarono però a cambiare: gli uomini cominciarono a vestire con colori sempre più scuri, associati al mondo degli affari, per distinguersi dalle tinte chiare percepite come più femminili e legate alla sfera domestica. L’abbigliamento di bambini e bambine iniziò a venire differenziato in età sempre più giovane, anche a causa della crescente diffusione delle teorie di Freud legate alla sessualità e alla distinzione di genere. Siamo ancora in una fase incerta, comunque: per parecchi decenni, fino alla Seconda Guerra Mondiale, i colori continuarono a essere usati in modo intercambiabile.
Non è chiaro come a un certo punto, negli anni Cinquanta, avvenne una precisa assegnazione dei colori:Il rosa finì per essere identificato con le donne e divenne onnipresente non solo nell’abbigliamento ma anche nei beni di consumo, negli elettrodomestici e nelle automobili.
 Per i maschi rimase l'azzurro, ma noi ragazze ce ne appropriamo impunemente, mentre per loro è un po' più difficile osare il rosa, al di fuori di una camicia o un maglioncino da smorzare con un pantalone scuro!
































































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