sabato 29 novembre 2014

Il gioco dell'oca







In questo periodo uno dei giochi che diverte maggiormente Beatrice è il gioco dell'oca. E per la verità ci si divertono anche i nonni perchè si tratta di un gioco semplice, divertente e la vincita è determinata soltanto dalla fortuna, tanto che, a volte, è molto difficile riuscire a far vincere la bambina, che si delizia di battere i grandi.
Il gioco dell'oca fa parte dei  giochi di percorso, una categoria di divertimenti molto antica e di cui sono noti esempi risalenti al terzo millennio avanti Cristo in Egitto, Iran e Iraq.







da http://www.prolocomirano.it/gioco_oca_mirano.asp:



Per la prima volta, all'epoca dei Medici, verso il 1580, appare il nome "Il nuovo e molto dilettevole giuoco dell'oca", ma la più antica stampa conosciuta del "gioco dell'oca" risale al 1640. Fu pubblicata a Venezia da Carlo Coriolani. Al centro vi è raffigurata una famiglia seduta attorno ad una tavola imbandita e nel bel mezzo un'oca arrosto. In alto sul bordo del foglio è scritto "Il dilettevole gioco di loca". Molto probabilmente da qui deriva il nome del gioco , secondo altri studiosi invece proviene dall'usanza dei giocatori di impiegare la vincita per comperare una bella oca. Certo è che questo gioco è molto antico come testimoniano documenti rinvenuti in tombe egizie e reperti cinesi.
 Rappresentava il concetto del bene (le oche) e del male (le avversità, gli ostacoli).
Le oche di "Meydum", IV Dinastia.
Il Cairo, Museo Egizio
Il gioco dell'oca è formato da 63 caselle (a volte il loro numero sale a 90) disposte a spirale e numerate da 1 a 63. Si gioca con due dadi. Le caselle occupate dalle oche sono 13 , ogni 5 e 4 caselle; qui il giocatore raddoppia il valore ottenuto dai dadi e avanza (l'oca porta fortuna !).Nelle caselle occupate dagli "accidenti" o pericoli, in totale 8 :il ponte al numero 6, l'osteria al 19, i dadi al 26, il pozzo al 31, il labirinto al 42, la prigione al 52, i dadi al 53, la morte al 58, ci si ferma per uno o più giri o si paga o si retrocede ..I giocatori muniti di contrassegno, dopo aver stabiliti il turno e la posta avanzano secondo il punteggio indicato dai due dadi tirati. Risulta vincitore chi arriverà per primo al 63.






Questo gioco semplicissimo, dove non è necessaria l'abilità ma solo la fortuna affidata ai dadi, permetteva la partecipazione di tutti giovani ed anziani, popolani, borghesi e nobili. Cosicché si diffuse rapidamente tanto che nel XVII° secolo aveva conquistato l'Europa. Molto conosciuto e molto giocato si prestò moltissimo ad essere trasformato in giochi diversi dove nelle caselle vuote si inserirono temi didattici, religiosi, storici, ecc.

Il modello base del gioco venne reinventato e adattato alle esigenze ed alle istanze del momento nelle varie epoche storiche. Si ebbero così il gioco delle civette, il gioco della guerra, il gioco del militare, il gioco della vita di Napoleone, delle favole di Esopo, del giro del mondo, del treno, fino al gioco del giro ciclistico d'Italia.



Il gioco dell'oca è talmente popolare, che in alcuni paesi si organizza ogni anno il gioco in piazza, anche con pedine viventi, come succede per gli scacchi a Marostica.
Uno dei paesi di cui parlo è Mortara, in provincia di Pavia




Il palio di Mortara è una competizione tra le sette contrade della città, basato sulla disputa di un gioco dell'oca vivente, i cui punteggi sono assegnati per mezzo del tiro con l'arco.
Si svolge annualmente, l'ultima domenica di settembre, nell'ambito della sagra del salame d'oca.
Come nella maggior parte dei palii, il premio assegnato ai vincitori è un drappo (generalmente dipinto da artisti locali), raffigurante un soggetto riguardante la città, il Patrono San Lorenzo o il gioco stesso.




Anche a Mirano, in provincia di Venezia, si fa una gran festa dell'oca  e questa festa è collegata a San Martino. Ecco cosa ho trovato sul sito di mirano:


La Compagnia dell'oca e la Festa dell'oca

Di tutto ciò è rimasto molto poco salvo il desiderio di impedire che tradizioni antichissime andassero completamente dimenticate e sepolte da nuove mode. Così va vista la riscoperta e il rilancio dei festeggiamenti a Mirano : quella che era una semplice festa paesana cominciò a fregiarsi di una certa "nobiltà storica". Nella ricerca di tutto questo materiale fu proprio Sandro Zara a riscoprire il vecchio detto: "CHI NO MAGNA OCA A SAN MARTIN NOL FA EL BECO DE UN QUATRIN" e subito gli venne in mente di rispolverare la vecchia tradizione di festeggiare il giorno di S. Martino mangiando l'oca. Così con un gruppo di amici, si trovò attorno ad un tavolo e tra un bicchiere e l'altro diedero vita alla Compagnia dell'Oca con un Comitato permanente il cui scopo è quello di organizzare i festeggiamenti di S. Martino con la grande cena dell'oca dell'11 novembre. Era nata la Festa dell'oca di Mirano nel lontano 1986.


Il comitato inoltre si riunisce ogni anno un mese prima della festa per decidere il tema della serata. Prendendo spunto da fatti, personaggi o avvenimenti della cronaca dedicò la serata ad esempio ai Tiepolo (Oca Rococò), alla Perestroika (La Perestroca), alla caduta della Repubblica di Venezia (Oca Serenissima), a Giacomo Casanova (Oca Casanova), o ancora al Giubileo (Oca Giubilante). E naturalmente seguendo il tema viene ideato anche il menu che potrà essere medioevale, settecentesco, ottocentesco tradizionale , ruspante , raffinato , ecc. ecc.
Son diventate ormai famose, tra i gastronomi, queste cene sempre completamente e rigorosamente a base d'oca. La "voglia d'oca", ha coinvolto tutti i miranesi e ormai anche molti "foresti" , che affollano i ristoranti della zona che propongono l'oca per tutta la settimana di S. Martino.








  Martino di Tours è il santo più popolare che la Francia abbia avuto nell'antichità e nel Medio Evo; fu il primo padre del monachesimo e grande apostolo delle Gallie. Nacque nel 316 d.c. a Sabaria in Pannonia. Figlio di un tribuno militare pagano, a quindici anni si arruolò nella guardia imperiale a cavallo.
A diciott'anni ad Amiens in Francia, avendo scorto un poverello intirizzito dal freddo che si appellava al buon cuore dei passanti, divise in due con un colpo di spada il suo mantello militare e ne diede metà al povero. Provocando così a seguito di quest'atto di carità, un breve miracoloso miglioramento del clima:"Estate di S. Martino". Fu battezzato ad Amiens lo stesso anno. Lasciò il servizio militare essendosi rifiutato di combattere contro i barbari ed iniziò studi teologici. A Poitiers fu consacrato diacono e poi prete. Dopo dieci anni fu eletto a voce di popolo Vescovo di Tours il 4 luglio 371. Diede notevole impulso alla vita monastica e nel 372 fondò la prestigiosa Abbazia di Marmotier, vicino a Tours, dove accorsero monaci, chierici e vescovi santi. Martino provvide alla conversione delle campagne pagane ; accompagnato dai suoi monaci, intraprese regolari spedizioni missionarie nelle quali predicava, convertiva, distruggeva i templi sostituendoli con chiese e introdusse le festività cristiane.
A parte la fama delle gesta miracolose, l'azione svolta da Martino nei 26 anni del suo episcopato fa di lui una delle figure più significative del cristianesimo. Morì a Candes l'8 novembre 397. Il suo corpo fu accompagnato a Tours da 2000 monaci, molte vergini e da un'immensa moltitudine di popolo e ivi fu sepolto l'11 di novembre data alla quale è commemorato. Con ciò praticamente incominciava il culto di questo grande santo, che divenne popolarissimo in tutto l'Occidente ed anche in Oriente. In Francia, Italia, Spagna, Inghilterra furono intitolate a lui chiese e parrocchie.

Leggende e tradizioni

La tradizione popolare ha fatto del Santo un personaggio diverso da quello che era stato, casto e semplice, attribuendogli il patronato della gioia disordinata dei giocatori, dei beoni, dei mariti ingannati. La data in cui cade la festa del Santo, l'11 Novembre, determina il significato e il carattere delle varie tradizioni popolari che hanno luogo in quel giorno. Esse possono ricondursi a due principali motivi inspiratori:
In quei giorni si compie la svinatura, occasione perciò di festose ed abbondanti libagioni e di conviti.
- Lo stesso S. Martino è rappresentato come ubriaco nell'atto di dar bastonate senza misericordia.
- Tra i cibi di rito sono in Italia il tacchino e la cicerchiata (ciambella di pasta dolce), in Germania l'oca, inoltre si preparano dolci da inzuppare nel vino ( i sammartini).

Il giorno del Santo segna, specialmente nei paesi di clima freddo, l'inizio dell'inverno onde si hanno usanze simili a quelle del 1° gennaio o del Carnevale portando un risveglio di vita nei villaggi.
- Nell'Italia settentrionale l'11 nov. è una delle date tradizionali per la scadenza dei contratti agrari.
- Secondo un proverbio l'estate di S. Martino durerebbe tre giorni; secondo un altro proverbio se piove a S. Martino pioverà per altri quaranta giorni.
- Fin dal 1700 era d'uso in Francia festeggiare l'arrivo dell' inverno l'11 novembre, giorno di S. Martino, mangiando un'oca.    


Affonda nei secoli bui la tradizione di cibarsi dell'oca nel giorno di S. Martino. L'oca costituì assieme al maiale la riserva di grassi e proteine durante l'inverno del povero contadino che si cibava quasi sempre solo di cereali e di grandi polente. Dopo gli egiziani sentiamo parlare dell'oca da Omero che ci narra che i Greci tenevano l'oca come allegro compagno d'infanzia, come guardiano . Anche i romani tenevano in grande considerazione le oche che servivano da guardiani notturni del tempio della dea Giunone nel Campidoglio. Le oche venivano ingrassate con fichi secchi provenienti dalle regioni meridionali per rendere il fegato bello grasso. I romani chiamavano "iecor" il fegato e "iecor ficatum" quello grasso , da cui l'italiano "fegato".
L'oca fu sempre allevata anche nel periodo medioevale nei monasteri e nelle famiglie dei contadini, come ordinava Carlo Magno. A favorire la diffusione dell'oca furono attorno al 1400 alcune comunità ebraiche di rito aschenazita che si stabilirono, provenienti dall'Europa del nord, nelle regioni settentrionale della penisola e quindi anche nel Veneto . Per motivi religiosi non potevano consumare carne di maiale, così i loro macellai preparavano deliziosi salami e prosciuttini d'oca. L'oca era cibo prediletto dalle ricche famiglie ebree sul finire dell'ottocento. Risulta che fra i barbari che saccheggiarono Roma nel 390 a.C., sotto la guida di Brenno , il palmipede era pure "simbolo dell'aldilà e guida dei pellegrini, ma anche della Grande Madre dell'Universo e dei viventi. La zampa dell'oca veniva usata come "marchio" di riconoscimento dai maestri costruttori di cattedrali gotiche che si chiamavano "Jars" che in francese vuol dire oche.


Quella dell'11 nov. era una festa pagana di origine antichissima , già della tradizione celtica, entrata a far parte delle feste cristiane grazie a S. Martino. Questo periodo dell'anno fin dalla tradizione più antica dedicato a S. Martino è sempre stato collegato alle oche. La leggenda racconta infatti che Martino, nonostante l'elezione a furor di popolo a Vescovo di Tours, non voleva abbandonare il saio e cercò di nascondersi, ma furono proprio le oche a stanarlo e così divenne vescovo amatissimo di Tours e poi Santo per la sua bontà nei confronti dei poveri. Secondo alcuni però la tradizione di mangiar l'oca ai primi di novembre non è altro che la conseguenza del fatto che in questo periodo le oche selvatiche migrano verso sud e quindi è più facile cacciarle. Nel secolo scorso e fino ai primi del Novecento l'oca era anche mezzo di scambio. Con essa fittavoli e mezzadri pagavano ai nobili proprietari terrieri una parte del dovuto. Oppure si recavano al mercato e scambiavano le oche con stivali come ricorda la fiera di S. Andrea a Portogruaro nel Veneto , detta "Fiera delle oche e degli stivali".
Non vanno dimenticati i detti : "Oca, castagne e vino, tieni tutto per S.Martino", oppure il venetissimo "Chi no magna oca a S. Martin no'l fa el beco de un quatrin". Questo spiega che la ricorrenza di S. Martino era una specie di capodanno contadino nel corso del quale si festeggiava. Per la nostra tradizione contadina , più semplicemente, l'oca era considerata il maiale dei poveri.   
      

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