domenica 26 ottobre 2014

Buon compleanno Fausta

Domani è il compleanno di Fausta e, come faccio da tempo immemorabile, la chiamerò per farle gli auguri. 
Lei mi racconterà delle sue nipotine, delle sue settimane frenetiche avanti e indietro da Ispra a Milano, per poterle accudire, permettendo così al figlio e alla nuora di coltivare le rispettive brillanti carriere. Io le racconterò del mio solito tran tran, senza entrare troppo nel dettaglio perchè finirei per parlarle di persone che non conosce, o che sono troppo cambiate rispetto a quando le ha conosciute, o che non ci sono più.

La cosa buffa è che tra un paio di settimane sarà lei a chiamarmi per il mio compleanno (siamo quasi gemelle) e ci racconteremo più o meno le stesse cose, ma sarà bello lo stesso.
Al telefono le nostre voci sono ancora quelle di cinquant'anni fa e lo stesso vale per la spontaneità e la naturalezza con cui possiamo conversare, nonostante le telefonate non vadano oltre gli auguri di compleanno,  Natale e Pasqua.
L'amicizia è una cosa strana: nasce per caso, cresce, dura per sempre nel tempo oppure finisce, senza regole certe.

La nostra continua ed è ricca di ricordi comuni.

Fausta ed io ci siamo conosciute nel 1962, entrambe diciottenni, entrambe matricole sprovvedute e vaganti nei corridoi della Bocconi a Milano.
Lei dalla provincia di Varese, io da quella di Bergamo, lei figlia unica, io con famiglia numerosa, lei con gli occhi scuri, io con gli occhi chiari , praticamente diverse quasi in tutto eppure, e lo abbiamo scoperto nel tempo, con tante cose in comune, la voglia di lavorare a testa bassa, soprattutto per non deludere chi aveva creduto in noi, la capacità di adattamento e  il grande desiderio di imparare al meglio la lingua inglese e la sua cultura.
Oggi può sembrare poca cosa con tutti gli strumenti a disposizione per farlo, ma allora non era così perchè entrambe partivamo da zero, svantaggiate rispetto ad altre compagne di corso e, pur usufruendo nei primi mesi di lezioni speciali per principianti, alla fine avremmo dovuto affrontare esami uguali per tutti.

Per tutti i quattro anni del corso di laurea, Fausta e io abbiamo condiviso le lezioni, le esercitazioni, le dispense, il pensionato - amiche comprese -, i soggiorni studio in Inghilterra, le famiglie che ci hanno ospitato, fino alla discussione della tesi di laurea a pochi giorni di distanza l'una dall'altra.
Forse perchè il tempo dei progetti a lungo termine è ormai finito, sempre più spesso guardo al passato e alle cose che me lo ricordano, fotografie, ritagli di giornale, biglietti d'auguri, partecipazioni di nozze, la tessera dell'autobus, la pagella di scuola...
In attesa di risentire Fausta per il compleanno, mi è venuta voglia di frugare nella scatola dei ricordi per vedere cosa è rimasto di quegli anni in cui abbiamo davvero condiviso tante esperienze. 
Innanzi tutto  ho trovato il tesserino che ci identificava quando c'era da sostenere un esame e poi, pudicamente ripiegato in quattro, il famigerato "papiro".








Il papiro era un sorta di lasciapassare concesso alle matricole dagli anziani, dietro pagamento di qualche stecca di sigarette e bevande a scrocco al bar della Sala Convegno, il locale all'interno dell'Università dove gli studenti si incontravano  tra una lezione e l'altra per chiacchierare, fare uno spuntino e conoscersi.
Sul fronte e sul retro del papiro c'erano minacciose bruciature di sigaretta, frasi in rima di contenuto decisamente volgare e autografi concessi dagli anziani con grande magnanimità.
Nelle prime settimane di frequenza questa storia del papiro suscitava una certa apprensione, che però era destinata a scomparire non appena arrivò il momento di lavorare sul serio. Da quel momento in poi l'unica preoccupazione era che il papiro lo trovasse mio padre... gli si sarebbero rizzati i capelli in testa.

Del nostro soggiorno a Londra del '64 ho trovato numerose tracce; chissà se Fausta si ricorda di quel diario scritto a 4 mani, metà in inglese e metà in italiano, che avevamo deciso di tenere per registrare tutte le cose nuove che ci stavano capitando....pensato, scritto e abbandonato dopo pochi giorni. Domani glielo chiederò.

 



Ci eravamo trovate subito bene in quel quartiere di casette bifamiliari, tutte uguali, front garden con i fiori, back garden con il prato e un albero di mele. Mr. e Mrs.Fish erano una coppia di anziani molto premurosi nei nostri confronti; volevano che imparassimo il miglior inglese possibile, perciò ci "costringevano" a seguire in tv dei noiosissimi programmi della BBC; Mr.Fish diceva "oh, quite interesting!!" e un minuto dopo dormiva...
Di giorno frequentavamo i corsi organizzati dalla Bocconi e nel tempo libero passavamo in rassegna monumenti, cattedrali, musei, parchi e teatri se c'erano spettacoli pomeridiani, ma anche i ricchi e molto accattivanti Department Stores.




Nel fine settimana, con altri studenti venuti con noi dall'Italia, si organizzavano gite ad Hampton Court, Stratford-on-Avon, Windsor. 



 
In verità quella vacanza non aveva migliorato significativamente il nostro inglese, troppe distrazioni, troppi italiani intorno, ma ci aveva  comunque mostrato un mondo tutto nuovo e aveva rafforzato il nostro desiderio di conoscerlo più a fondo.


L'anno successivo, Fausta ed io, per un nuovo soggiorno di studio in Inghilterra decidemmo di stare un po' alla larga da Londra e da tutti gli italiani che vi si incontrano. Scegliemmo Cambridge, e in un periodo meno vacanziero del precedente, da ottobre a dicembre.



Fu un'ottima scelta. L'ambiente del college era più favorevole allo studio e offriva più opportunità di approfondire certi contenuti.
Ci ospitavano i Page, una famiglia giovane, con una bambina adorabile, Alison, che mi ricordava tanto i nipotini che avevo lasciato a casa.




Quel periodo dell'anno era inoltre particolarmente suggestivo e ci consentiva di partecipare in diretta a tutte le manifestazioni con cui in Inghilterra si festeggia l'avvicinarsi del Natale.

Il tempo volava. A metà del '66 la maggior parte degli esami erano stati superati, ma ci aspettava un grande sforzo finale.


Per il nuovo anno accademico che stava per incominciare Fausta ed io non avevamo più bisogno di rimanere in pensionato a Milano, infatti dovevamo solo studiare, studiare e studiare.
Fausta viveva con i genitori ad Angera proprio sulla riva del Lago Maggiore, un posto molto accogliente sia per le bellezze naturali sia per il clima, e soprattutto raccolto e tranquillo, dove potevamo lavorare in santa pace.
E poi toccava a Fausta  restare  qualche giorno da me; non c'era il lago, ma potevo comunque vantare qualche bel panorama, le montagne , la Città Alta e anche la casa dei miei genitori era tranquilla.





Fu proprio in quell'autunno che la nostra amicizia rischiò di incrinarsi e tutto per colpa della pioggia e di mia madre.

Il 4 novembre 1966 ci fu a Firenze e in gran parte della Toscana una spaventosa alluvione. La tv trasmetteva immagini che lasciavano sgomenti e tutti sentivano di doversi impegnare in qualche modo per aiutare quella gente che aveva perso tutto in poche ore.
Mia madre era una persona molto generosa e sensibile al disagio degli altri, perciò non appena la parrocchia si mobilitò per raccogliere indumenti, coperte e quant'altro, iniziò a ispezionare armadi e cassetti alla ricerca di qualcosa che fosse in buono stato e magari poco usato, ma utile comunque alla causa .
Spinta dal desiderio di donare, dimenticò che in alcuni cassetti c'erano gli effetti personali di Fausta che in quei giorni era nostra ospite e, non riconoscendoli, immaginò che fossero indumenti non più indossati da tempo e quindi da donare.

Fortunatamente l'equivoco si evidenziò prima che fosse troppo tardi e a salvarci fu il dottor Zivago.





Mentre Fausta ed io versavamo qualche lacrimuccia sulla storia dell'infelice amore del bel dottore e della sua Lara (fortunatamente  il tempo di proiezione superava la durata standard), a casa si scatenava la caccia al pacco che ormai aveva preso la via di Firenze.
Grazie ad un efficace servizio di passaparola e all'aiuto di persone che avevano compreso l'imbarazzo di mia madre, gli indumenti indebitamente donati tornarono nei cassetti prima che l'interessata si rendesse conto della loro scomparsa e un'amicizia così cara e solida non subì scossoni.


Se fosse accaduto me ne sarei tanto dispiaciuta perchè Fausta non è stata soltanto la compagna di studio, ma anche la testimone , la complice , la madrina dell'inizio della storia più importante della mia vita. 
Infatti ero con lei quando, trovandoci in università per l'ultimo esame, proprio in quella Sala Convegno che ci aveva viste matricole sprovvedute, capitò di incontrare Franco, anche lui lì per caso in compagnia di un amico. Ci eravamo conosciuti e frequentati qualche anno prima ma poi le nostre strade si erano divise.
Sarà stato il Caso o un Destino già scritto ?? Chi può dirlo....ma Fausta è l'unica persona che può ora condividere con me questo ricordo e ha dato  pure il suo contributo alla causa.

L'estate seguente infatti Franco e io avremmo tanto voluto trascorrere un paio di settimane insieme al mare nelle Marche, ma i miei genitori non approvavano (chi ha parlato dell'emancipazione dei giovani negli anni '60??!!??). .
Dopo qualche tira e molla finalmente il permesso arrivò, ma ad una condizione : ciascuno di noi avrebbe dovuto portarsi uno chaperon.
Io scelsi Fausta e Franco... sua madre, la mia futura suocera!!!

 


Ecco perchè nascono i proverbi ... Chi troppo vuole...
Se fossimo rimasti a casa certamente avremmo avuto più tempo da trascorrere insieme.

Domani è il compleanno di Fausta e come al solito la chiamerò per farle gli auguri, ma dopo aver svegliato tanti ricordi credo che questa volta la mia telefonata  sarà diversa dal solito , lunga, molto lunga....


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